La chiesa della SS.Annunziata si presenta sulla Via Orfanotrofio con prospetto rivolto a mezzogiorno, leggermente sottomessa rispetto all’attuale piano stradale, adiacente alle case Arezzo e collegata con un cavalcavia a palazzo Battaglia .

La tradizione vuole che la chiesa sorgesse sul sito del tempio romano dedicato alla dea Diana; più sicura sembra l’informazione che in seguito la vedeva trasformata in moschea. Ed ancora la tradizione vi colloca in seguito una sinagoga, mentre un cronista locale alla fine del seicento descrive il ritrovamento dietro la cappella maggiore di tracce di caratteri arabi cufici. Il quartiere attorno alla chiesa era la Giudecca di cui si ha notizia sin dal 1394 nel testo di una lettera in cui la curia vescovile siracusana obbligava gli ebrei convertiti a pagare una decima alla vicina chiesa di San Nicola perchè la più antica di Ibla.

L’esistenza della chiesa è antecedente al 1501, forse con il titolo di Santa Maria di Portosalvo (quell’anno è segnato sulla maggiore delle campane del campanile, cosa che la rende forse la più antica di Ibla). Nella Sacra Visita del 1542 Monsignor Platamone la annovera tra le chiese del paese chiamandola l’Annunziazione. Fortemente danneggiata nel 1693, nel 1696 è nuovamente aperta al culto, ma i lavori continuarono sino al 1730. Il prospetto fu rifatto integralmente dopo il terremoto perchè fortemente danneggiato tant’è che il barone Battaglia di Torrevecchia

nel 1729 impiegava cospicue somme per ricostruirlo; nel 1801 fu ulteriormente rimaneggiato in stile neoclassico. A ricordo di ciò rimane solo la dicitura riportata sul portale: Refect iubente augustissimo rege nostro Ferdinando IV expensis montis pietatis residentis in venerabili ecclesia Ann. Dom. 1801.

Nel settecento, infatti, era stato qui istituito da cittadini caritatevoli un Monte di Pietà; non avendo grandi mezzi economici, con decreto di Ferdinando IV del 1806, veniva soppresso e i pochi fondi rimasti erano devoluti al “reclusorio per le proiette settenarie” che si stava realizzando.

La facciata è delimitata da lesene con capitelli compositi sovrastate da tozze guglie; al di sopra dei capitelli si restringe seguendo un profilo curvilineo e culmina con un frontone triangolare. Il portone ad arco, con chiave decorata con rilievi, è inserito in una cornice a profili rettilinei e sormontata da un frontone triangolare; sopra il portone una finestra dalle semplici modanature. Del complesso fa parte un campanile posto nella parte retrostante e staccato dal corpo chiesa munito di due campane; sulle due campane che vi sono allocate una porta un’iscrizione e la data (1501), l’altra solamente la data (1720).

All’interno, nell’unica navata, otto cappelle con sei altari: tre a destra e due a sinistra, oltre il maggiore. Quattro degli altari sembrano risalire al 1729. Entrando a destra oltre la prima cappella, oggi vuota, la seconda presenta un primo altare in legno su cui è una Madonna dell’Itria sorretta da basiliani, segue l’altare con la Madonna e Sant’Anna bambina proveniente dalla chiesa omonima oggi dismessa. Segue nella quarta cappella di destra un altare spoglio, ma ben realizzato; fra questi ultimi due un tempo era la statua di Santo Spiridione oggi spostata nei pressi dell’altare maggiore (oltre a Santa Maria di Portosalvo, che sembra esser stata qui venerata prima dell’attuale culto, si ricorda questo Santo ogni 14 dicembre).

Nell’imponente altare maggiore, in pietra locale e gesso dipinti con sapiente uso dei colori azzurro, rosso ed oro, circondato da coppie di colonne barocche e statue, si apprezza un gruppo statuario con l’Annunciazione della Vergine e un Angelo dalle ali aperte, databile agli inizi del XVI secolo.

Da una porta laterale l’accesso alla sagrestia che conserva un quadro settecentesco raffigurante Sant’Antonio da Padova di ignoto, un altro grande Crocifisso di modesta fattura ed un quadro con Gesù e gli apostoli nell’orto. Altre cornici vuote testimoniano come un tempo il patrimonio di quadri fosse più ricco; tra questi si ricorda una Presentazione di Gesù al tempio di Matteo Battaglia del 1750 ed una Natività.

Proseguendo verso l’uscita dopo un primo altare con l’Addolorata c’è una cappella che alloggia il confessionale e sopra l’organo con sulla cantoria dipinto lo stemma della famiglia Battaglia-Giampiccolo di Cammarana; era questa la cappella di famiglia, raggiungibile anche dall’esterno attraverso un passaggio riservato che scavalca la vicina casa Arezzo. I baroni esercitarono su di essa lo jus patronatus, fornendo la chiesa di benefici almeno sino al 1928. Sempre le armi di questa nobile famiglia (leone inalberato e cavallo rampante) sono scolpite sull’unica lapide sepolcrale in pietra pece posta al centro della chiesa e sull’architrave interno la porta d’ingresso. Segue, infine, l’ultimo altare dedicato al Crocifisso, che è affiancato da due quadretti raffiguranti l’Addolorata e San Giovanni Evangelista. Anche da questo lato la prima cappella è attualmente vuota.

Il soffitto affrescato su tre settori presenta scene mariane, ma è in cattivo stato di conservazione, ben leggibile solo nella parte sovrastante l’altare maggiore. In sagrestia è ancora presente lo stendardo della Confraternita dei Nobili confluita nella Confraternita della Buona Morte che aveva sede in Santa Maria dello Spasimo .

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