La chiesa e l’annesso convento dedicati a San Francesco e all’Immacolata Concezione sono ubicati all’estremita’ nord orientale dell’abitato di Ibla, in posizione panoramica con vista sul Fiume Irminio e prospicienti la valle del San Leonardo che guardano dal lato settentrionale. Ancor oggi la chiesa e’ aperta al culto, mentre il convento, con l’incameramento al demanio del 1866, e’ divenuto ospizio comunale (conteneva all’origine anche un’ospedaletto dedicato alla duchessa di Albafiorita) .

Ben poco si sa sull’effettiva origine del sito. Per alcuni ricercatori del secolo scorso l’area rimase inedificata sino al XIV secolo quando la potente famiglia dei Chiaramonte , preso possesso della Contea , si rese conto dell’inadeguatezza dei locali del vecchio castello e preferendo Ragusa a Modica quale sede domestica iniziarono la costruzione di un fastoso palazzo residenziale simile alla loro sede palermitana, lo Steri. Ai Chiaramonte seguirono i Cabrera tant’e’ che si dice come nel 1471 vi morisse la contessa Violante Prades, vedova di Giovanni Bernardo, l’ultima nobile dei Conti che risiedette negli Iblei. Cosi’, a partire dalla fine del XV secolo l’area e le

superstiti murature vennero richieste e cedute ai frati che rovinando parti di muratura ne adattarono il resto alla vita conventuale. Per la tesi del palazzo nobiliare trasformato si sostiene quindi che quello che rimane oggi e’ quanto salvato da distruzioni e terremoti e con cio’ ci si riferisce alla possente torre campanaria (unica delle ipotizzate quattro d’origine, se fortilizio dei Chiaramonte fu) e al portale conservato sul lato occidentale dell’attuale chiesa.

Ma la tesi piu’ valida e’ quella proposta da uno stesso padre Conventuale, lo storico Filippo Rotolo, che consultando gli archivi e da sapiente conoscitore delle architetture del proprio Ordine ha abbozzato una storia dell’immobile sin dalle origini, da quegli anni in cui si diffuse il francescanesimo negli Iblei.

Secondo il ricercatore la presenza dei Minori risale agli anni della morte del Santo e gia’ alla fine del XIII secolo si contavano molti frati ragusani.

Dagli alloggi di fortuna provvisori in un primo tempo occupati si passo’ all’edificazione di un vero convento con chiesa che i frati dedicarono all’Immacolata. Il complesso doveva gia’ esistere nel 1334 se era nominato fra i cinque conventi della “custodia” di Siracusa.

Forse l’unico elemento costruttivo residuo resistito e’ la parte inferiore della torre campanaria. Se la si osserva oggi non sfuggira’ come essa sia rifinita bene sul lato occidentale; il lato meridionale, pur se pensato per esser a vista, non e’ ornato mentre quello settentrionale per quasi un metro e’ rifinito e realizzato per esser in parte osservato ma nel restante e’ grezzo, come se dovesse esser immerso nella muratura. Infine il lato orientale e’ totalmente sguarnito segno che era tutto nascosto alla vista. Questo fa ipotizzare come il campanile fosse agganciato in modo diverso alla vecchia chiesa.

La sua notevole altezza e potenza e’ interrotta a vari livelli da quattro fasce marcapiano che lo rendono snello. Le prime due sono molto semplici, caratterizzate da una cornice da cui pende una fila di dentelli a coda di rondine la prima, mentre l’altra e’ semplice. Il terzo marcapiano presenta figurine piu’ complesse quali archetti pensili con all’estemita’ foglioline e crocette scolpite, mentre la successiva, nel riprendere il motivo della seconda, ne risulta piu’ semplice. Si aprono qui le quattro finestre da cui emergono le tre campane. Conclude la serie un quinto cornicione che sorregge una balaustra ornata con candelabri e avente ai quattro lati resti di statue. Superiormente a questo motivo settecentesco si erge una loggetta-cupoletta con oculi superiori e a sezione ottagonale, dal chiaro stile barocco e sicuramente realizzata nel post terremoto (questa parte era comunque gia’ esistente al 1713) abbellita da quattro archi stretti e alti che si alternano a quattro nicchie con semplice conchiglia.

Tra le altre ipotesi addotte e contrarie al palazzo nobiliare l’assenza di stemmi dei Conti e il fatto che l’uso del tempo era quello di realizzare palazzi centrali e non periferici alla cittadina.

Bello il portale superstite caratterizzato dai grossi fasci cordonati della strombatura, da semplici capitelli con foglie appena accennate dai fasci che chiudono il classico arco gotico; fu ricostruito dopo il crollo di parte dell’edificio e qualche ricercatore lo associa all’epoca federiciana.

Si sa che nel sedicesimo secolo furono fatti notevoli lavori, forse per i disastrosi effetti del terremoto del 1542. Fu fatta ad esempio la sacrestia che era stata dimenticata e nel 1580 era completa. La ricostruzione, in stile tardo manieristico, nel 1644 era completa tant’e’ che il convento ospito’ il seguito della visita del Conte-Vicere’ Giovanni Alfonso Enriquez Cabrera. Si deve inoltre ricordare che al 1608 risale la cappella che Agata Gallo dono’ alla sorella Maria ed alla nipote Mattea morta a soli 22 giorni di vita, cosi’ come ricordato nella commovente epigrafe.

Quando il terremoto del 1693 ne rase al suolo una parte oltre ai tetti quella fu ricostruita in stile barocco (ancor oggi l’effetto del terremoto si osserva sui pilastri originali che si presentano in parte ruotati e non giustapposti). L’ingresso fu spostato a Sud, con l’apertura di un portale barocco nell’attuale piazza Chiaramonte, la facciata fu arretrata spostandola dal campanile e si rimonto’, come gia’ detto, il portale duecentesco crollato. Oltre la data conosciuta per dimostrare la torre campanaria cosi’ completata del 1713 si sa che furono operate modifiche murarie nel 1751 e alle volte della navata destra nel 1753 come si legge nella prima volta.

La chiesa, la piu’ grande di Ibla dopo San Giorgio , si presenta a tre navate e senza transetto (non rispecchiando quindi la tradizione francescana che preferiva la struttura a croce latina), divise da due fila di sette pilastri cruciformi di cui gli estremi annegati nelle murature con capitelli ionici scolpiti nel calcare ragusano (gli archi che legano i pilastri sono messi in evidenza da ghiere). Sei finestre per lato rendono luminoso l’interno. Le navate laterali sono divise in cappelline quadrate ognuna delle quali sormontata da una cupoletta schiacciata a quattro vele non visibile all’esterno. Ci sono nove altari di cui tre di magnifica fattura sono allocati nell’area absidale. I pavimenti tradizionali di calcare e pece con motivi geometrici sono in parte sostituiti.

Entrando dall’attuale ingresso che da sulla piazza Chiaramonte si accede alla navata destra dove, dopo aver ammirato l’acquasantiera in pietra asfaltica di forgia cinquecentesca, si puo’ percorrerla osservando sia gli altari, ma sopratutto i quadri e le belle opere d’arte che li arricchiscono.

Subito a sinistra, oltre l’ingresso, un primo altare e’ adorno del quadro riferibile ad Antonino Manoli (un pittore locale del settecento) con il Beato Andrea in estasi che riceve da un angelo una stola e visita gli ammalati da curare (nelle mani di un angelo un libro con lo stemma dei Conti di Segni a cui apparteneva Andrea), del 1724 anno della Beatificazione. A destra, oltre l’acquasantiera, il secondo altare della navata destra con il quadro a San Giuseppe da Copertino che adora la Croce, del 1816, opera di Elia Interguglielmini; allietano la scena due preti in ginocchio, mentre alle spalle un ricco paesaggio con chiesa, castello turrito e contadini che ammirano la scena mentre gli animali bevono alla sorgente. Superata la cappellina con la statua lignea di San Francesco il terzo altare che presenta un Crocifisso accompagnato da due quadri, il primo a destra con San Giovanni, mentre a sinistra l’Addolorata, entrambi di ignoti.

Si giunge cosi’ nella cappella destra dove, oltre all’altare in marmo policromo adorno con una coppia di angeli reggilume, si ammira un San Francesco pregante alla Porziuncola; in alto a destra un Cristo che regge la croce affiancato dalla Madonna mentre a sinistra il Santo e’ in preghiera con vicino un Angelo che regge un cesto di rose. Allieta la cappella a destra Santa Chiara ed a sinistra “La comunione della Vergine” in posizione genuflessa che riceve l’ostia da San Giovanni; Gesu’ la guarda da destra mentre al centro troneggia la Colomba ed a sinistra un’Angelo tiene sul capo della Madonna la corona con dodici stelle. Ai piedi dell’altare una tomba della famiglia La Rocca Impellizzeri..

Si passa poi nell’area absidale della navata centrale dove si ammira l’altare maggiore a marmi policromi, arricchito anch’esso da due angeli reggicandela in marmo bianco (tutti gli angeli presenti negli altari absidali sono opera del palermitano Valerio Villareale, sembra allievo del Canova). Abbellisce quest’angolo, una Immacolata intagliata in legno (opera recente realizzata nel 1954) e il monumento funebre di tipo tardo rinascimentale (plinto di base che sorregge la cassa con piedi leonini e coperchio superiore con stemma sorretto da puttini) con le tombe di Maria Gallo e della figlia Mattea dentro l’arcosolio a destra.

Infine la cappella sinistra dedicata all’Immacolata con altare in marmi policromi, cornici e volute con sopra angeli reggicandela che adornano e mettono in risalto il quadro del Manno del 1796.

A sinistra la cappella degli Arezzo di Donnafugata, coloro che fecero l’epopea dell’omonimo castello , con i tre sarcofagi ed i mezzibusti di Concetta A. di Trifiletti, della figlia Vincenzina morta prematuramente e dello stesso barone Corrado De Spuches che dapprima era sepolto al castello, ma che nel 1908 qui fu deposto. Questa cappella di famiglia e’ racchiusa da un alto cancello in ferro battuto del messinese Giuseppe Cilesti mentre le opere marmoree, in marmo di Carrara, furono realizzati a Messina da Scarfi ad eccezione di quello del barone che e’ piu’ recente, opera di Zappala’, noto scultore messinese; le decorazioni, infine, sono del pittore locale Agostino del Campo.

Il giro della chiesa si completa con la navata sinistra in cui abbiamo un altare adorno di una Risurrezione di Cristo del XVIII secolo; segue la cappellina con la statua a Sant’Antonio con in braccio Gesu’ ed ancora un’altro altare su cui e’ un quadro con l’Adorazione a Maria e Gesu’ di ignoto autore e con a lato la statua di Santa Teresa; segue un’altro altare, il penultimo, con un quadro recente (1991) realizzato dal ragusano Di Natale in memoria del sacrificio di padre Massimiliano Kolbe. Infine l’ultimo altare con il Riposo della Sacra Famiglia di Antonio Manoli a cui si riferisce anche un San Lorenzo martire sulla graticola del 1724 posto sulla parete opposta all’altare maggiore. In quest’area si trovano inoltre altri due quadri provenienti da chiese dismesse al tempo del terremoto; al centro una seicentesca Madonna dell’Idria, recentemente restaurata, in cui la Vergine fra le nuvole tiene in braccio un Gesu’ benedicente fra i Calogeri inginocchiati (fra di essi uno stemma di famiglia sconosciuta) ed un’altro quadro, sicuramente piu’ recente, con l’Angelo Custode che indica la retta via ad un bimbo, ambedue naturalmente di autori ignoti.

Allieta la chiesa la presenza di un organo funzionante posto a destra guardando l’altare maggiore mentre a sinistra c’e’ un bel pulpito ai cui piedi, in mezzo ad un pavimento di calcare e pece, e’ una lastra tombale in pietra asfaltica con pregevole bassorilievo raffigurante un cavaliere in costume spagnolo che giace su un letto, con una mano sotto la guancia e l’altra che indica il castello; la lapide reca la data 1577 (secondo alcuni sarebbe il giureconsulo Antonio Giovanni Cannezio da Ragusa illustre giurista del tempo, ma di egli si sa che moriva nel 1580).

La chiesa possedeva un tempo un piccolo “tesoro”; tra quegli oggetti conservati, oramai scomparsa perche’ venduta agli inizi del secolo con la dismissione del patrimonio del convento, una scatola ottagonale in avorio con bassorilievi raffiguranti scene della vita di Cristo (nativita’, visita dei Magi, fuga in Egitto, strage degli Innocenti, sui quattro lati principali mentre figure di Cherubini erano sui restanti lati minori). Si pensa che sia la stessa conservata al Louvre, acquistata dal museo parigino dai privati nel 1913. Ed inoltre un incensiere, pezzo d’oreficeria siciliana del XV secolo e le reliquie del legno della Croce, un po’ del velo della Vergine e un lembo del mantello di San Giorgio. Nella sagrestia un’Immacolata del 1767. Nel convento, ricostruito perche’ completamente diruto con il terremoto del 1693, costituito da un livello oltre quello al piano terra, oggi c’e’ la casa di riposo di mendicita’ . All’interno uno dei piu’ bei lavori in pietra asfaltica degli iblei, una meravigliosa scala d’accesso in stile tardo barocco. Lo scalone d’accesso presenta due grifi dal lungo muso che sostengono assieme alle colonnine un largo passamano. Sul primo pianerottolo quattro cariatidi di cui due sorreggono putti con clipeo con motti che inneggiano la Madonna, e gli altri due sorreggono vasi di fiori. Nella parete dove si apre la porta d’accesso alla chiesa vi e’ lo stemma francescano, in quella a lato una composizione di tre croci dipinte ed una Pieta’ di Ignazio Guarrella del 1923.

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