San Giorgio

All’indomani del terremoto, tra i morti e le rovine, Ibla piangeva il crollo del meraviglioso tempio dedicato al Santo cavaliere fatto erigere dalla potente famiglia Chiaramonte a partire dal XIV secolo.

Anche se la vecchia chiesa non era crollata completamente, si decise, per onorare il Santo, di edificare la nuova chiesa in un’area al centro della città , là dove c’era San Nicola .

La costruzione della nuova chiesa fu ritardata dalle contese fra i “Sangiovannari” e i “Sangiorgiari”.

Dopo il terremoto i “Sangiovannari” avevano deciso di abbandonare Ibla, fondare una nuova città al Patro ed ivi costruire una nuova chiesa per il loro Patrono, San Giovanni Battista .

La divisione della città fu ufficialmente chiesta al Conte Giovanni Tommaso Enriquez Cabrera che la concesse nel 1695; ma nel 1703, poichè si era ribellata a Filippo V di Borbone, il Conte fu condannato a morte e i suoi beni, compresa la Contea di Modica, furono incorporati al Regio Fisco. I nobili di Ibla colsero questa favorevole occasione e chiesero al re la revoca del decreto di divisione della città.

Dopo questi avvenimenti in un primo momento, come è attestato da un documento stilato dal Notaio Francalanza il 25 marzo 1705, si tentò una conciliazione fra i due partiti: costruire una nuova chiesa al centro del paese dedicata ad ambedue i Santi, ognuno con la propria cappella. Il tentativo fallì e i Sangiovannari ripresero la strada del Patro.

Quando i nobili di Ibla si resero conto che i lavori per la nuova chiesa di San Giovanni procedevano alacremente, per recuperare il tempo perduto e far sì che la chiesa di San Giorgio sorgesse più magnifica di quella dei rivali, si rivolsero al massimo esponente dell’architettura siciliana del tempo, Rosario Gagliardi. (Il progetto in originale, datato 27 settembre 1744 ed acquistato dal parroco del tempo Don Filippo Giampiccolo ora si conserva in sagrestia).

Il duomo di San Giorgio, uno dei gioielli barocchi, non solo di Ibla, ma di tutta la Sicilia, si può ammirare nella parte alta dell’omonima piazza.

Questo stupendo tempio ha l’asse prospettico divergente rispetto alla direttrice della piazza e ciò gli conferisce un aspetto scenografico mirabile, permettendo di vedere dalla parte opposta della piazza anche la cupola.

L’effetto visivo è reso ancor più suggestivo dall’ alta gradinata (54 gradini), anch’essa divergente rispetto alla piazza e in linea con la chiesa, e soprattutto, dalla spinta ascensoriale del corpo centrale, che culmina nella cella campanaria che svettando in alto, conferisce all’insieme uno slancio quasi inusitato nelle chiese barocche.

Il duomo è stato edificato sulla preesistente chiesa di San Nicola , dopo il terremoto del 1693, su progetto di Rosario Gagliardi, architetto siciliano nativo di Siracusa e attivo a Noto. Fu lui che in questo lembo di Sicilia (Val di Noto) portò fra i primi le nove soluzioni barocche del Bernini e del Borromini e, adattandole e trasformandole, le ha lasciate come traccia indelebile in parecchi monumenti a Ragusa e in provincia di Siracusa. I lavori iniziarono nel 1744 e furono completati, ad esclusione della cupola, nel 1775.

L’inaugurazione avvenne il 30 aprile 1767.

La neoclassica cupola alta 43 metri e sostenuta da sedici colonne binate, fu portata a termine nel 1820 dal capomastro Carmelo Cutraro.

La facciata è suddivisa in tre ordini, con la sezione centrale leggermente convessa separata dalle altre due da due gruppi di tre colonne ciascuna. Molto ricchi sono i portali specie quello centrale, con festoni e scudo araldico sostenuto da putti. La barocca facciata, che in alto si restringe per formare il campanile, è completata da bellissime statue.

Il portone centrale, recuperato dall’antica chiesa, ha sei formelle in legno scolpito , rappresentanti il martirio di San Giorgio (poiché è protetto da controporte, si può ammirare solo nelle principali solennità).

Tutta la scalinata è circondata da una ornatissima cancellata di Angelo Paradiso di Acireale installata tra il 1889 e il 1894.

L’interno del duomo realizzato a croce latina, suddiviso in tre navate su pilastri culminanti con capitelli corinzi, ha una profonda abside e vetrate istoriate nel 1926 su disegni di Elena Panigatti.

Nelle navate laterali si aprono decorate cappelle (tredici) con pregevoli tele: nella navata destra si possono ammirare quella del “Riposo in Egitto” dipinta da Dario Guerci nel 1864 e quella della “Immacolata” di Vito D’Anna.

A seguire, nella nicchia sovrastante l’ingresso laterale sinistro, vi è il simulacro di San Giorgio che uccide il drago, opera del Banasco del 1878.

Nella navata sinistra si può ammirare la tela dell'”Angelo custode”, mentre nella nicchia sovrastante l’ingresso laterale si vede la “Santa Cassa”, un’urna reliquario in argento che viene portata in processione durante i festeggiamenti del patrono. Infine nel transetto sinistro si può ammirare il quadro di Dario Guerci del 1866, raffigurante San Giorgio nell’atto di uccidere il drago.

Altre opere degne di nota sono le lapide del conte Bernardo Cabrera, che governò Ragusa dal 1392 al 1419, trasportata qui dall’antica chiesa, e il magnifico organo dei fratelli Serassi, fra i più completi e magnifici della Sicilia.

Detto organo allocato in una cantoria con una artistica cassa di risonanza con facciata a tre campate e 23 canne; ha tre tastiere da 61 tasti (in osso ed ebano), registri a manette e registri a pomello oltre a 20 pedali.

Nella sagrestia, nella quale si conservano i disegni originali del Duomo di Gagliardi, è da ammirare una grandiosa e antica pala d’altare in calcare locale di scuola gaginiana, con le statue di San Giorgio, Sant’Ippolito e San Mercurio, con vesti di guerrieri e con un piede su un capo reciso e vari rilievi su basamento. La chiesa possiede inoltre un ricco tesoro composto da paramenti sacri, oggetti in oro e argento, smalti policromi e busti di santi in argento.

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