Nella parte iniziale della via Capitano Bocchieri di fronte al lato destro del Duomo , dal numero 31 al 39, fa bella mostra di sè il palazzo La Rocca dei Sant’Ippolito, oggi sede dell’Azienda Provinciale per il Turismo.
Il palazzo è in ottimo stato di conservazione e presenta modesti rimaneggiamenti; un buon restauro lo rende pienamente rispondente alle funzioni a cui oggi è chiamato. Sembra che le fondamenta del muro nord siano poggiate sui resti di parte della cinta muraria del castello .
L’edificio nell’impostazione attuale è certamente post terremoto (con costruzione contemporanea alla realizzazione della vicina chiesa di San Giorgio e alla prosecuzione della Piancata); la vecchia base si può vedere al di sotto dell’androne, dove si notano tre porte con arco a sesto acuto, una ad Est e due a Nord. Di pianta rettangolare, ma irregolare, spicca per l’importante e lunga facciata barocca delimitata nella parte centrale è delimitata da due paraste ed in alto da un cornicione continuo. Questa zona contiene il portone principale d’accesso e ben quattro balconi degli otto presenti in prospetto; questi sono sorretti da mensoloni con altorilievi raffiguranti diversi temi.
Ogni balcone ha così preso un nome a secondo del tema sviluppato: procedendo dal Duomo c’è prima il balcone dei Cherubini, poi quello del Telamone , degli Amorini , della Fantesca, del Suonatore di mandola e del Suonatore di flauto, l’ultimo è quello del Cavaliere. Proprio i personaggi di quest’ultimo balcone sono lo specchio del loro tempo: il Cavaliere è attorniato da diversi personaggi, a sinistra un uomo mascherato (forse un suo sgherro) e a destra un occhialuto volto ghignante, che rappresenta l’astuzia; sopra un grosso uomo baffuto con folta capigliatura pronto a tirar di spada a cui si affiancano due facchini (uno carica un barilotto, l’altro porta in una mano un’ampolla e nell’altra mano un ombrello). Tornando indietro, nel secondo e nel terzo balcone sono rappresentati alcuni suonatori di mandola e di flauto che ci ricordano come a quel tempo la musica, il bel canto e le feste occupassero un posto primario nella società gentilizia. Il quarto balcone è una vera foto in pietra: una donna si prende cura di un bambino. Espressivi i volti del bimbo e della fantesca, ricco e sapiente il panneggio; proprio per la cura del particolare sembra un fotogramma che abbia fissato, grazie alle sapienti mani dello scalpellino, un momento di vita. Chiudono la delicata scena due mascheroni dalla gioiosa espressione. Segue il balcone sopra il portone d’ingresso all’A.P.T., al numero civico 33, molto semplice e ornato solo da una conchiglia centrale e da motivi foliacei. Segue il sesto, il balcone degli Amorini; tre coppie di puttini legati in un tenero abbraccio evidente espressione di ingenua innocenza infantile.
Il settimo balcone ha un telamone dalla fronte corrucciata nello spasimo dello sforzo tanto che sembra sostenga veramente il peso del balcone. Nell’ultimo balcone, verso il Duomo, sono rappresentati angeli in tenere espressioni.
Due i livelli abitabili anche se presenta il sottotetto ed un piano interrato. Si accede al piano superiore da una notevole scalinata principale a due rampe rigorosamente in pietra pece e da una secondaria ad una sola rampa.
L’edificio, dalla semplice struttura di muratura calcarea in conci squadrati legati da malta e
intonacato ha la tradizionale copertura a falde ricoperte da coppi siciliani. All’interno le volte sono a botte, di canne e gesso ed in conci di calcare mentre i pavimenti sono in buona parte di pece e pietra calcarea ragusana, ma in parte anche di ceramica di Caltagirone del XVIII secolo e di scuola napoletana (in formelle gialle con contorno verde). Le pareti presentano stucchi e affreschi, le porte sono dipinte e dorate in stile Pompeiano.
Negli interni, di gusto neoclassico, spiccano un imponente lampadario in vetro di Murano, mobili e suppellettili residue del XVII secolo per i saloni di rappresentanza; gli arredi degli uffici A.P.T. sono moderni. Conserva integro lo stemma nobiliare.
I livelli sotto il piano stradale, nella parte posteriore del palazzo, danno su un ampio cortile.